Il territorio nazionale italiano è suddiviso in varie aree a seconda dell’intensità e frequenza con cui si verificano eventi sismici. Nel presente contributo spiegheremo con parole semplici cosa si intende per zona sismica, mostreremo la mappa delle aree in cui è suddivisa l’Italia in base al rischio sismico e illustreremo gli strumenti normativi introdotti per migliorare la sicurezza degli edifici.
Una zona sismica è un’area geografica classificata in base alla probabilità che, in un certo intervallo di tempo, si verifichino eventi sismici che superino determinate soglie di intensità o magnitudo.
Il territorio nazionale italiano è suddiviso, come vedremo nei prossimi paragrafi, in diverse zone a seconda del rischio sismico e della frequenza e intensità dell’azione sismica, in base a studi storici e geologici.
Tale classificazione è essenziale per la pianificazione urbanistica ed edilizia, in quanto consente di applicare di volta in volta le norme antisismiche più opportune. L’ordinamento giuridico italiano prescrive, infatti, specifiche norme tecniche in base alle quali gli edifici debbano essere in grado di sostenere indenni le scosse sismiche più lievi e resistere senza rischio di crollo a quelle più forti, al fine di salvaguardare le vite umane e il patrimonio edilizio nazionale.
La classificazione sismica, introdotta con il decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 16 gennaio 1996 e rielaborata nel 2003, è la suddivisione del territorio della Repubblica Italiana in diverse zone in base all’intensità e frequenza con cui si verificano fenomeni sismici. In altre parole, il territorio nazionale è stato suddiviso in specifiche aree esposte a un comune rischio di azione sismica dannosa. Tale classificazione è stabilita e costantemente aggiornata dalla Protezione Civile basandosi su studi storici, geologici e territoriali.
Fino al 2003 l’Italia era divisa in tre zone sismiche. Con l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri numero 3274 del 20 marzo 2003 furono introdotti nuovi, più precisi criteri di classificazione del territorio nazionale, basati su:
Tali nozioni scientifiche furono convertite in nuovi strumenti normativi con precise indicazioni da rispettare per la progettazione e realizzazione di strutture edilizie.
In seguito, con le Norme tecniche per le costruzioni (NTC08), emanate con il decreto del Ministero delle Infrastrutture del 14 gennaio 2008, fu introdotta una nuova metodologia di classificazione basata su un approccio statistico puntiforme. In sostanza, a ogni punto del territorio nazionale è associato un preciso valore di accelerazione al suolo (PGA) in funzione di un tempo di ritorno.
Al momento si individuano quattro zone sismiche che, come vedremo nei prossimi paragrafi, comprendono anche le aree precedentemente non associate al rischio di azione sismica dannosa.
A ogni zona viene attribuito non solo un valore dell’azione sismica utile per la progettazione, espresso in termini di accelerazione massima al suolo, ma anche un intervallo di possibili valori, che illustriamo di seguito.
Zona sismica | Intervallo di accelerazione | Accelerazione massima |
Zona 1 | PGA oltre 0,25 g | 0,35 g |
Zona 2 | PGA tra 0,15 e 0,25 g | 0,25 g |
Zona 3 | PGA tra 0,05 e 0,15 g | 0,15 g |
Zona 4 | PGA inferiore a 0,05 g | 0,05 g |
La zona 1 è la più esposta al rischio sismico. Le probabilità che nella zona 1 si verifichino forti scosse sismiche sono oggettivamente piuttosto elevate.
Nelle aree appartenenti alla zona 1 c’è la possibilità che si verifichino terremoti di forte intensità, anche di tipo catastrofico. Pertanto, si tratta della zona dalla pericolosità più elevata nel panorama nazionale.
Nella zona 2 c’è il rischio che si verifichino eventi sismici che, seppur di minore intensità rispetto a quelli associati alla zona 1, si potrebbero rivelare dannosi.
Nella zona 2 non si esclude la possibilità che forti scosse sismiche possano causare danni anche di ingente entità.
Nella zona 3 è meno probabile che si verifichino forti terremoti rispetto alle zone 1 e 2.
Nella zona 3 è più raro che si verifichino forti scuotimenti rispetto a quanto accada nelle zone 1 e 2, ma non si esclude del tutto la possibilità che possa accadere, causando danni.
La zona 4 è indicata come la meno pericolosa. Si tratta dell’area che, nel territorio nazionale, presenta il minor rischio sismico. Con la suddetta ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri numero 3274 del 20 marzo 2003, le porzioni di territorio nazionale precedentemente non classificate sono ora inserite nella zona 4.
Dalla lettura dei dati storici si può ragionevolmente affermare che le scosse sismiche nelle aree appartenenti alla zona 4 siano piuttosto lievi e sporadiche, con bassa possibilità di arrecare danni. È facoltà delle singole regioni prescrivere l’obbligo della progettazione antisismica.
Nel nostro Paese le zone sismiche sono classificate in quattro categorie principali, in base al livello di rischio sismico.
È doveroso specificare che la classificazione dei comuni italiani in base al rischio sismico è in continuo, costante aggiornamento da parte della Protezione Civile in base a nuovi studi geologici effettuati e variazioni statistiche territoriali nel lungo periodo. Pertanto, le informazioni riportate, valide al momento della stesura dell'articolo, potrebbero essere soggette a modifiche. Per notizie aggiornate sull’argomento si consiglia, quindi, di consultare una risorsa locale.
La zona 1 comprende oltre 700 comuni in Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo, Umbria, Molise, Campania, Calabria e Sicilia orientale.
La zona 2 comprende circa 2300 comuni in Emilia-Romagna, Veneto, Lazio, Marche, Puglia e Basilicata.
La zona 3, comprendente circa 1500 comuni in Lombardia, Piemonte, Liguria e Toscana, è caratterizzata da una sismicità medio-bassa, che però in determinati contesti geologici potrebbe vedere amplificati i propri effetti.
Si segnala che per alcuni comuni piemontesi e toscani è stata creata un’apposita zona, la 3S a sismicità media, che prevede lo stesso obbligo di calcolo dell'azione sismica della zona 2.
Appartengono alla zona 4 circa 3400 comuni prevalentemente in Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Sardegna.
Per realizzare costruzioni in zone ad alta sismicità bisogna attenersi a precise indicazioni stabilite dal decreto del Presidente della Repubblica numero 380 del 6 giugno 2001.
Nello specifico, l’articolo 93 di detto decreto prevede che prima di costruire in una zona ad alta sismicità occorra darne comunicazione allo sportello unico dell’edilizia (SUE) del comune di competenza e consegnare:
La documentazione viene poi trasmessa all’ufficio tecnico regionale, che provvede al rilascio dell’autorizzazione sismica da parte della regione.
Dopo aver depositato la documentazione allo sportello unico dell’edilizia e aver ottenuto l’autorizzazione sismica, si può dare avvio ai lavori strutturali.
Entro 60 giorni dall’ultimazione dell’edificio, il direttore dei lavori dovrà redigere e far recapitare al SUE un’apposita relazione con descrizione di quanto realizzato, a cui allegare:
Segue il collaudo statico, con cui un professionista qualificato, come un ingegnere o architetto iscritti ai rispettivi albi professionali da almeno un decennio, effettua un’accurata valutazione delle prestazioni e verifica la conformità dell’opera realizzata. Una costruzione non sottoposta a collaudo statico non può essere messa in esercizio.
L’Italia è considerata una zona altamente sismica, dal momento che l’intero territorio nazionale, eccetto la Sardegna e parte della Puglia, della pianura padana e delle Alpi centro- occidentali, è soggetto a fenomeni di sismicità medio-alta.
Tali regioni sono state inserite nella zona 1 per l'elevata attività sismica causata principalmente dalla convergenza tra la placca africana ed eurasiatica, che genera frequenti scosse con magnitudo significativa e forte intensità rilevate rispettivamente attraverso la scala Richter e la scala Mercalli.
Il Piemonte appartiene in gran parte alla zona 3 a sismicità medio-bassa, a eccezione di alcuni comuni che sono stati inseriti nella zona 3S a sismicità media. Il Veneto è in gran parte inserito nella zona 2 a sismicità medio-alta, mentre la Lombardia presenta comuni classificati principalmente nella zona 3 e, in misura minore, nella zona 4 a sismicità bassa.
La zona a più alto rischio sismico corrisponde alla Sicilia orientale e alla regione appenninica centrale e meridionale.
La zona sismica del Giappone prende il nome di cintura di fuoco del Pacifico, un'area ad alta attività sismica e vulcanica che include la fossa oceanica del Giappone nell'oceano Pacifico settentrionale e varie placche tettoniche convergenti.