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Reddito Locativo

Jessica Maggi
12.12.2023
6 min

Reddito Locativo: Cos’è e Perché va Dichiarato

Disponi di un immobile che stai valutando di concedere in locazione? Locare un immobile può diventare un valido strumento per ottenere una rendita passiva extra. Considera, però, che i canoni di affitto versati dagli affittuari rappresentano una fonte di reddito e, di conseguenza, sono sottoposti a tassazione da parte dello Stato. Vediamo nel dettaglio che cos’è il reddito locativo derivante dall’affitto di un immobile, come va dichiarato e cosa prevede la normativa. 

Cos'è il reddito locativo o reddito di locazione?

Il reddito locativo è il guadagno derivante da uno o più contratti di locazione di immobili.

Facciamo subito un esempio pratico. Supponiamo di disporre di un appartamento di proprietà che decidiamo di concedere in locazione a 450 euro al mese. Il reddito locativo annuo ammonterebbe in questo caso a 5400 euro. 

Tassazione del reddito locativo 

La messa a reddito di un immobile mediante locazione genera l’applicazione di imposte calcolate sul reddito che proviene dai canoni di affitto pagati dall’affittuario, che confluiscono nel totale dei redditi percepiti dal proprietario locatore.  

In sostanza, i proprietari di immobili concessi in locazione sono tenuti ogni anno a presentare la dichiarazione dei redditi per assoggettare a imposizione il reddito locativo.

Reddito locativo: la normativa vigente

Nel sistema tributario italiano, l’affitto è considerato una fonte di reddito e, pertanto, è soggetto a tassazione. A regolamentare questa disciplina sono:

Se stai pensando di concedere in locazione un immobile di tua proprietà è saggio che ti faccia preventivamente un’idea di quanto dovrai pagare di tasse. Potrai così valutare a quanto convenga affittare l’immobile e prendere una decisione informata. 

Stimare online il valore della tua proprietà è il primo passo per stabilire il canone di locazione da richiedere all’affittuario. 

Fiscalità del reddito locativo  

Chi possiede un immobile concesso in locazione è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi e indicare il reddito locativo affinché sia sottoposto a tassazione. Anche in assenza di altre fonti di reddito, l’introito percepito dalla locazione è sempre soggetto a tassazione. 

I canoni di affitto versati dall’affittuario costituiscono, infatti, una fonte di reddito per il proprietario dell’immobile e, di conseguenza, sono sottoposti a tassazione da parte dello Stato. 

L’indicazione del reddito locativo deve essere inserita nel quadro RB del modello Redditi, nello specifico alla voce Reddito dei fabbricati e altri dati.

Occorre indicare tutte le locazioni in essere nell’anno d’imposta considerato, al fine di assoggettare i relativi canoni di affitto a tassazione IRPEF o, in alternativa, a cedolare secca.

La cedolare secca è una flat tax fissa sui redditi percepiti con i canoni di un immobile dato in affitto nel periodo d’imposta di riferimento. L’aliquota in questo caso è sempre pari al 21%, a prescindere dal reddito di locazione effettivamente percepito. L’imposizione scende al 10% per le locazioni a canone concordato in comuni ad alta tensione abitativa o con carenza di disponibilità abitative.

La cedolare secca è un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, l’imposta sul reddito delle persone fisiche, che è, invece, progressiva e cresce all’aumentare del reddito secondo un sistema di scaglioni a cui corrispondono specifiche aliquote. La Legge di Bilancio 2023, attualmente in vigore, fissa quattro scaglioni progressivi con aliquote di tassazione incrementali all’aumentare del reddito. Li indichiamo sinteticamente di seguito: 

  • 1° scaglione: fino a 15.000 euro → aliquota fiscale: 23%;
  • 2° scaglione: da 15.001 a 28.000 euro → aliquota fiscale: 25%;
  • 3° scaglione: da 28.001 e 50.000 euro → aliquota fiscale: 35%;
  • 4° scaglione: oltre 50.001 euro → aliquota fiscale: 43%.

Con la cedolare secca, gli importi dei canoni d’affitto percepiti dal proprietario locatore dell’immobile vengono tassati al 21% o al 10% per i contratti a canone concordato, anziché alle aliquote IRPEF che, come puoi vedere, partono dal 23%. 

Tassazione reddito locativo: esempio

Reddito locativo

Facciamo un esempio pratico. Affittando un attico a 750 euro al mese, alla fine dell’anno il ricavo sarà pari a 9000 euro. Supponiamo che questa sia l’unica entrata per il proprietario locatore. Per la tassazione ordinaria, il reddito non supera i 15.000 euro e l’aliquota IRPEF applicata sarà del 23%, con un importo pari a 2070 euro. Con il sistema di cedolare secca, invece, si applica un’aliquota fissa del 21% e le imposte saranno di 1890 euro.

Supponiamo, invece, che l’incasso dei canoni di locazione si vada a sommare a un reddito da lavoro dipendente di 25.000 euro all’anno. Con il sistema di cedolare secca le imposte ammontano comunque a 1890 euro, poiché l’aliquota del 21% è fissa. Con la tassazione ordinaria, il reddito locativo di 9000 euro si somma al reddito da lavoro dipendente di 25.000 euro e si ottiene un totale di 34.000 euro. Il contribuente rientra, quindi, nel terzo scaglione, che prevede un’aliquota fiscale del 35%. Le imposte da versare per la messa a reddito dell’immobile in questione mediante locazione ammontano in questo caso a 3150 euro. 

Tassazione dei canoni di locazione non riscossi

Il decreto legge numero 34 del 30 aprile 2019 prevede la possibilità di esentare il locatore dalla dichiarazione dei canoni di locazione non percepiti a partire dal momento della notifica di intimazione dello sfratto per morosità o dell’ingiunzione di pagamento. 

Tale decreto legge, in sostanza, consente al locatore di non pagare imposte sui canoni di affitto non riscossi a partire dal momento in cui procede con l’intimazione di sfratto o con l’ingiunzione di pagamento. 

Il comma 1 dell’articolo 26 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), emanato con il decreto del Presidente della Repubblica numero 917 del 22 dicembre 1986, stabilisce che, se non percepiti, i redditi derivanti da contratti di locazione di immobili non concorrono a formare il reddito, purché la mancata percezione degli stessi sia debitamente comprovata dall’intimazione di sfratto per morosità o dall’ingiunzione di pagamento.

Con il sopraindicato decreto legge numero 34 del 30 aprile 2019 è stata anticipata la possibilità di detassare i canoni di affitto non percepiti già dal momento dell’ingiunzione di pagamento o dell’intimazione di sfratto, senza dover attendere la conclusione del procedimento di sfratto. 

Tassazione sul reddito locativo: quando si applica e quando non si applica

Chi percepisce un reddito locativo ha il dovere di dichiararlo all’Agenzia delle Entrate presentando regolare dichiarazione dei redditi nonché di pagare le relative tasse.

Solo nel caso in cui i canoni d’affitto incassati rappresentino l’unica fonte di reddito del proprietario locatore e l’importo totale sia inferiore a 8174 euro annui non ci sono imposte a debito da versare, poiché il reddito rientra nella cosiddetta no tax area, esente dall’imposizione fiscale. 

Reddito locativo: vantaggi e svantaggi

Locare un immobile può rivelarsi una soluzione profittevole, specialmente se si dispone già della proprietà. Tuttavia, è doveroso considerare anche gli adempimenti fiscali derivanti dalla stipula di un regolare contratto di locazione. Offriamo di seguito una panoramica dei pro e contro di mettere a reddito un immobile mediante locazione.

VantaggiSvantaggi
Affittare un immobile consente di ottenere una rendita passiva extra.

Per avviare il rapporto contrattuale è possibile richiedere il versamento di una sostanziosa caparra.

I canoni versati dall’affittuario costituiscono un’entrata fissa che, specialmente se si va a sommare ad altre entrate, garantisce una buona stabilità economica al proprietario locatore.

In Italia chi decide di locare un immobile ha delle imposte da pagare sul reddito derivante da contratti di affitto.

Il reddito locativo non presenta esenzioni o franchigie. Pertanto, anche in assenza di altri redditi, è sempre soggetto a tassazione.

Tre punti chiave

 

  • Il reddito locativo è il guadagno ottenuto dalla locazione di uno o più immobili.
  • La messa a reddito di un immobile mediante locazione genera l’applicazione di imposte calcolate sul reddito che proviene dai canoni di affitto pagati dall’affittuario, che confluiscono nel totale dei redditi percepiti dal proprietario.  
  • I canoni di locazione immobiliare vanno indicati nella dichiarazione dei redditi e assoggettati a tassazione IRPEF o cedolare secca.

Fonti

FAQ

Se l’affitto di un appartamento a 400 euro al mese è la mia unica fonte di reddito, quanto devo pagare di tasse?

In questo caso non ci sono imposte da versare, poiché i redditi inferiori a 8174 euro annui sono collocati in quella che viene definita no tax area, esente dall’imposizione fiscale.

Se affitto un trilocale a 650 euro al mese quanto pago di tasse?

Con il sistema di cedolare secca si applica un’aliquota del 21% e le imposte ammontano a 1638 euro. Con la tassazione ordinaria, invece, l’aliquota applicata dipende dagli scaglioni IRPEF. Se rientri nel primo scaglione viene applicata un’aliquota del 23% e le imposte ammontano a 1794 euro. Se rientri nel secondo scaglione l’aliquota prevista è del 25% e dovrai pagare 1950 euro. Se rientri nel terzo scaglione di reddito l’aliquota è del 35% e l’importo sale a 2730 euro. Il quarto scaglione, per redditi superiori a 50.000 euro annui, prevede un’aliquota del 43% e in questo caso dovresti pagare 3354 euro.

Vanno dichiarati e tassati anche i canoni di locazione che l’affittuario non ha pagato?

Grazie agli interventi normativi degli ultimi anni è ora possibile detassare i canoni di affitto non percepiti già dal momento dell’ingiunzione di pagamento o dell’intimazione di sfratto.

Jessica Maggi
Copywriter freelance con esperienza ultradecennale sia sul web che sulla carta stampata, con focus specifico nel settore immobiliare, fiscale, tributario e delle costruzioni. Laureata all’Università degli Studi di Milano, scrive sia in italiano che in inglese.