Nelle comproprietà ereditarie tra fratelli, per vendere serve l’unanimità; in mancanza di accordo si può arrivare alla divisione giudiziale. Per l’affitto, il contratto firmato anche da un solo coerede è valido verso l’inquilino; canoni e tasse si ripartiscono pro-quota.
Supponiamo che un genitore lasci in eredità un bene immobile ai figli. Chi di questi potrà stabilirvisi? Cosa succede se gli ereditieri sono in disaccordo? Abbiamo redatto questa guida per fare chiarezza su come gestire una casa ereditata in comproprietà tra fratelli, affinché la situazione possa essere affrontata con la dovuta consapevolezza.
Per vendere una casa ereditata in comproprietà tra fratelli occorre il consenso unanime di tutti i comproprietari, come sancito dall’articolo 1108 del codice civile. Trattandosi di un atto di amministrazione straordinaria, si applica la regola dell’unanimità e non della maggioranza.
Affinché l’atto di compravendita sia valido, tutti gli eredi devono essere presenti dal notaio per apporre la propria firma sul rogito. In assenza di unanimità, l’abitazione ricevuta in eredità non può essere venduta.
Riprendendo l’esempio precedente, anche nel caso in cui sia un solo erede su tre a opporsi, la procedura di compravendita non può essere avviata.
Sono diverse le vie percorribili qualora non ci fosse l’unanime consenso dei coeredi per procedere con la vendita dell’immobile ereditato:
Opzione | Quando conviene | Passi principali | Tempi indicativi | Pro | Contro |
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Vendere la propria quota | Vuoi liquidare subito e gli altri non vogliono vendere l’intero | Notifica della prelazione ai coeredi con prezzo/condizioni → attesa 60 giorni → in mancanza di esercizio, vendita a terzi | Circa 2 mesi per la prelazione + tempi del rogito | Incasso rapido; niente causa | Quota poco appetibile; rischio riscatto se la prelazione non è rispettata |
Acquistare le quote altrui | Vuoi tenere l’immobile e gli altri preferiscono essere liquidati | Valutazione di mercato → proposta → accordo su prezzo/conguagli → rogito di trasferimento/divisione | Settimane–pochi mesi | Esci dalla comunione; pieno controllo del bene | Serve liquidità/finanziamento; imposte e spese notarili |
Frazionamento dell’immobile | L’immobile è tecnicamente divisibile; obiettivo: attribuire unità autonome a ciascuno | Titolo edilizio (CILA/SCIA) → lavori → nuovi subalterni → atto di divisione/attribuzione | Alcuni mesi (pratiche + lavori) | Riduce i conflitti; ogni coerede ha un’unità vendibile/locabile | Costi tecnici e lavori; non sempre fattibile; serve accordo su progetto e spese |
Divisione giudiziale | Stallo totale; trattative e mediazione fallite | Mediazione obbligatoria → ricorso in tribunale → CTU → decisione (attribuzione con conguaglio o vendita forzata e riparto) | Lunghi: ~12–36 mesi (variabile) | Sblocca la situazione anche senza accordo | Tempi e costi elevati; minor controllo sul prezzo finale |
Opzione | Quando conviene | Passi principali | Tempi indicativi | Pro | Contro |
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Vendere la propria quota | Vuoi monetizzare, gli altri non vogliono vendere l’intero; acquirente interessato alla quota. | Notifica prelazione ai coeredi (prezzo/condizioni); attesa 60 giorni; se non esercitano, rogito a terzi. | ~2 mesi per prelazione + tempi di rogito | Incasso rapido; nessuna causa; esci dalla contesa. | Quota meno appetibile → possibile sconto; rischio riscatto se prelazione non rispettata. |
Acquistare le quote altrui | Vuoi tenere l’immobile e gli altri preferiscono liquidare. | Valutazione di mercato; proposta; accordo su prezzo e conguagli; rogito (divisione/trasferimento). | Variabile (settimane–pochi mesi) | Si chiude la comunione; pieno controllo dell’immobile. | Serve liquidità/finanziamento; imposte e spese notarili. |
Frazionamento dell’immobile | Immobile tecnicamente divisibile (metri, layout, condominio); obiettivo: dare a ciascuno la propria unità. | Titolo edilizio (CILA/SCIA); lavori; nuovi subalterni; poi atto di divisione/attribuzione. | Qualche mese (pratiche + lavori) | Riduce i conflitti; ogni coerede ha un bene autonomo vendibile o locabile. | Costi tecnici e lavori; non sempre fattibile; richiede accordo su progetti e spese. |
Divisione giudiziale | Stallo totale; trattative fallite. | Mediazione obbligatoria; ricorso in tribunale; CTU; decisione: attribuzione con conguaglio o vendita forzata (di regola senza incanto) e riparto. | Lungo: ~12–36 mesi (variabile) | Sblocca la situazione anche senza accordo. | Tempi e costi elevati; minor controllo sul prezzo finale; rapporti spesso deteriorati. |
Nota: tempi e costi sono indicativi e variano per Comune, pratiche edilizie e carico dei tribunali. Prima della causa, la mediazione è necessaria nelle materie rilevanti (divisione, successioni, diritti reali, locazione).
Una prima possibilità per chi desidera vendere l’immobile ereditato ma si trova in disaccordo con i fratelli è la cessione della propria quota di proprietà sul bene.
Per tornare all’esempio precedente, supponiamo che uno dei tre fratelli proprietari al 33% dell’immobile ereditato voglia vendere, trovandosi però in disaccordo con gli altri comproprietari. In questo caso può cedere la sua quota di proprietà.
In tale ipotesi, l’erede che vuole vendere la propria quota di proprietà deve rispettare il diritto di prelazione degli altri fratelli comproprietari, sancito dall’articolo 732 del codice civile.
Il cosiddetto retratto successorio impone a chi desideri vendere la propria quota di proprietà di:
Gli eredi hanno 60 giorni di tempo per esercitare il diritto di prelazione. In assenza di una risposta entro due mesi, si può procedere con la cessione a terzi.
Qualora non venisse rispettato il diritto di prelazione, i coeredi potranno riscattare la quota di proprietà dall’acquirente finché permane la comunione ereditaria sui beni oggetto dell'eredità.
Viceversa, uno degli ereditieri può proporre l’acquisizione delle quote altrui, purché la proposta di vendita sia in linea con il valore di mercato. A tal fine è opportuno eseguire un’accurata valutazione immobiliare per determinare con precisione il valore dell’immobile ereditato.
La casa viene, quindi, assegnata a uno degli eredi, con liquidazione in denaro delle rispettive quote agli altri comproprietari.
Riprendiamo l’esempio precedente. Il secondogenito si stabilisce con la famiglia nella casa ereditata e paga agli altri due fratelli il 33% ciascuno del valore di mercato della proprietà. Ipotizziamo che l’immobile valga 100.000 euro. Il secondogenito se ne attribuisce l’intera proprietà, versando 33.000 euro a ciascuno degli altri due fratelli.
Se la casa ereditata in comproprietà tra fratelli è facilmente divisibile, si può procedere al suo frazionamento materiale rispettando le diverse quote di proprietà. Dalla suddivisione dell’immobile ereditato si ricavano unità abitative distinte, autonome, accatastate separatamente e indipendenti tra loro da assegnare a ciascun coerede. A questo punto, gli eredi interessati possono eventualmente procedere con la vendita frazionata delle unità immobiliari risultanti dalla suddivisione.
Questa è una soluzione applicabile qualora l’immobile ricevuto in eredità abbia dimensioni adatte, come per esempio una villa unifamiliare, un rustico o un appartamento di ampia metratura o su più livelli.
In una comproprietà 50/50 tra fratelli, il frazionamento di un immobile ereditato — cioè la sua suddivisione in due unità autonome — non rientra nella normale gestione: è un intervento che incide in modo significativo sul bene comune. Con due coeredi al 50% è di fatto necessario l’accordo di entrambi, così da evitare contestazioni e blocchi nella fase edilizia, catastale e negoziale.
Sul piano tecnico‐amministrativo, il frazionamento è inquadrato come manutenzione straordinaria e richiede un titolo abilitativo (CILA o SCIA a seconda delle opere e delle regole locali). Devono essere rispettati i requisiti igienico-sanitari e urbanistici (altezze, aerazione/illuminazione, conformità statica e antisismica). Conclusi i lavori, si procede all’aggiornamento catastale con la creazione dei nuovi subalterni e, ove previsto, agli adempimenti per l’agibilità.
Se l’obiettivo è “uscire” dalla comunione, dopo il frazionamento si stipula un atto di divisione davanti al notaio, che attribuisce a ciascun fratello la propria unità. In mancanza di intesa, ciascun coerede può chiedere la divisione giudiziale, con eventuale vendita e riparto del ricavato se l’immobile non è comodamente divisibile.
Dal punto di vista fiscale, la divisione segue un regime diverso da una compravendita: di regola si applicano imposte proprie degli atti divisionali (imposta di registro in misura ridotta e tributi ipotecari e catastali fissi). Se però la divisione prevede conguagli economici significativi, il trattamento può mutare e avvicinarsi a quello di un trasferimento a titolo oneroso.
Quando uno solo dei coeredi vive o utilizza in esclusiva l’immobile impedendo agli altri l’accesso o l’uso, gli altri possono chiedere un indennizzo rapportato al canone di mercato per la loro quota, oppure ai proventi effettivamente percepiti (ad esempio, affitti incassati). L’indennità non scatta automaticamente: serve che gli altri abbiano contestato l’esclusione (con una richiesta formale, una diffida, o una domanda in giudizio). Se invece l’uso esclusivo è stato tollerato, di norma l’indennizzo non è dovuto. Diverso il caso in cui l’occupazione derivi da un titolo (per esempio, un provvedimento di assegnazione della casa familiare): finché quel titolo è efficace, l’indennità non si applica.
Prima di avviare una causa che riguardi divisione, successioni, diritti reali o locazione, la legge richiede il tentativo di mediazione. Senza questo passaggio il giudice non può procedere. Si presenta un’istanza presso un Organismo di mediazione, si partecipa all’incontro e, se si trova l’intesa, si sottoscrive un verbale che – con l’assistenza degli avvocati – può valere come titolo esecutivo. È una fase tendenzialmente rapida e con costi contenuti, utile per definire accordi su vendita, divisione e uso dell’immobile comune.
Qualora ci sia la volontà di vendere un immobile con eredi in disaccordo, è possibile richiedere la divisione giudiziale, secondo quanto indicato dall’articolo 713 del codice civile. In questo caso occorre rivolgersi al tribunale territoriale di competenza per procedere alla liquidazione delle quote ereditarie.
Se la divisione materiale non è praticabile, si procede alla vendita forzata dell’immobile, che di regola avviene senza incanto; l’incanto è disposto solo in subordine nei casi previsti. La base di vendita è fissata nell’ordinanza di vendita sulla scorta della stime del CTU; il ricavato viene ripartito pro-quota fra i coeredi.
Indipendentemente dall’entità della propria quota di proprietà, ogni comproprietario può anche richiedere lo scioglimento forzoso della comunione ereditaria, come indicato dall’articolo 1111 del codice civile.
Ambito | Regola | Nota / Riferimento |
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Durata e decisione | Per affitti “ordinari” (≤ 9 anni) basta la maggioranza; per locazioni > 9 anni serve unanimità | Locazioni ultranovennali considerate atto più incisivo |
Sottoscrizione | Meglio far firmare tutti i coeredi oppure usare procura | Riduce contestazioni interne |
Fisco | Canoni e imposte si ripartiscono pro-quota; cedolare secca è scelta del singolo comproprietario | Ogni comproprietario dichiara la propria quota |
Conflitti | In caso di stallo si può chiedere al giudice i provvedimenti sulla gestione della comunione | art. 1105 c.c. |
Quando i fratelli ereditano un immobile, questo resta in comunione: ciascun coerede può farne uso senza alterarne la destinazione né comprimere i diritti altrui. Le decisioni di ordinaria amministrazione si assumono a maggioranza delle quote; per gli atti più incisivi la legge richiede maggioranze rafforzate o, in alcuni casi, l’unanimità (artt. 1102, 1105 e 1108 c.c.).
Se il contratto viene firmato da uno solo dei comproprietari, il rapporto resta valido verso l’inquilino. Gli altri coeredi possono ratificare la stipula oppure contestarla nei rapporti interni, ma ciò non travolge il godimento dell’inquilino in buona fede. In ogni caso, i canoni maturano pro-quota a favore di tutti e chi ha incassato deve rendere conto agli altri della gestione.
Per contratti fino a 9 anni la stipula rientra, di regola, nella sfera dell’ordinaria amministrazione o comunque è ammissibile con la maggioranza (ferma la possibilità di verifiche e conguagli tra coeredi). Le locazioni ultranovennali sono considerate atti che incidono in modo rilevante sul bene e richiedono l’unanimità dei partecipanti (art. 1108, co. 3, c.c.).
È consigliabile che tutti i coeredi firmino o che uno di essi agisca con procura degli altri, così da evitare contestazioni interne. A prescindere da chi sottoscrive, il contratto va registrato nei termini ordinari tramite modello RLI presso l’Agenzia delle Entrate. Le comunicazioni tra le parti (avvisi, disdette) seguono le regole generali sulla ricezione degli atti (art. 1335 c.c.).
I canoni appartengono alla comunione e si ripartiscono in proporzione alle quote; chi gestisce i pagamenti per conto di tutti è tenuto al rendiconto.
Sul piano fiscale, i redditi fondiari sono imputati a ciascun comproprietario in base alla propria quota, a prescindere da chi abbia firmato il contratto o materialmente incassato i canoni: ognuno dichiara la sua parte.
La cedolare secca è un’opzione individuale: ogni comproprietario può scegliere se aderire. Tuttavia, se anche uno solo opta per la cedolare, la rinuncia agli aggiornamenti ISTAT si estende all’intero canone per la durata dell’opzione.
Se non si forma la maggioranza o se la gestione risulta pregiudizievole, ciascun coerede può rivolgersi al tribunale per i provvedimenti opportuni sulla gestione della cosa comune (art. 1105 c.c.). Il coerede dissenziente può inoltre prendere le distanze dagli effetti economici di un’iniziativa non condivisa nei limiti consentiti, ferma la tutela del conduttore di buona fede.
Il diritto di prelazione successoria opera quando un coerede vende la propria quota (art. 732 c.c.), non quando l’immobile comune viene concesso in locazione: l’affitto non attiva alcuna prelazione fra fratelli.
Per uscire dalla comproprietà è possibile optare per la vendita della propria quota di proprietà agli altri comproprietari, l’attribuzione dell’immobile a uno dei fratelli con relativo passaggio di quote o la vendita della proprietà con divisione del ricavato in base alle rispettive quote.
Sì, ma solo in casi rigorosi: un coerede può usucapire la quota degli altri fratelli se dimostra un possesso esclusivo, pubblico, continuo e inequivocabilmente opposto ai loro diritti per almeno vent’anni (art. 1158 c.c.), con una vera “interversione del possesso”; non basta abitare l’immobile o pagare imposte e utenze se ciò avviene con tolleranza degli altri.
Per vendere serve l’accordo di tutti i comproprietari; se uno si oppone, gli altri non possono procedere alla vendita ma possono chiedere la divisione giudiziale: se l’immobile è indivisibile, il giudice può attribuirlo a uno con conguaglio agli altri oppure disporre la vendita e ripartire il ricavato.
Sì. Per controversie su divisione, successioni, diritti reali e locazione è previsto un tentativo di mediazione obbligatorio prima del processo; senza questo passaggio, la causa non può andare avanti. Se l’accordo si trova, il verbale redatto con l’assistenza dei legali può essere immediatamente esecutivo.
Dipende. Se l’uso esclusivo esclude gli altri coeredi e questi hanno manifestato opposizione, può maturare un indennizzo commisurato al valore locativo della quota o ai frutti incassati. Se invece gli altri hanno consentito o tollerato la situazione, in genere l’indennità non è dovuta; e non lo è neppure quando l’occupazione deriva da un titolo legittimo (ad es., assegnazione della casa).