L’atto può essere valido anche se l’immobile presenta difformità, ma diventa nullo quando nel rogito mancano (per dichiarazione del venditore) gli estremi del titolo edilizio (permesso di costruire / sanatoria, ecc.) richiesti dalla legge per gli edifici interessati.
Sintesi

In questo articolo risponderemo alla domanda “per un immobile con difformità edilizie, l’atto di compravendita è valido? Si tratta di un tema molto delicato che generalmente causa non pochi problemi nelle dinamiche di compravendita, perché generalmente per la sua risoluzione si arriva spesso alle vie legali.
Partiamo da un presupposto, che potrebbe risultare molto antipatico: è l’acquirente ad avere l’onere di effettuare i controlli urbanistici al fine di verificare se vi siano eventuali problematiche. Questo non è un dovere, in quanto non è richiesto obbligatoriamente da alcuna legge vigente, bensì risponde ad una dinamica di “autotutela”. Chi desidera comprare casa fa dei controlli per verificare che sia tutto a norma.
Una piccola parentesi: quando si vuole vendere casa velocemente, è meglio fornire tutta la documentazione necessaria per semplificare e velocizzare questi controlli.
La nullità non dipende dal fatto che una difformità non sia “citata” in atto: scatta solo nei casi tipizzati dalla legge, ad esempio se nel rogito mancano le dichiarazioni richieste dall’art. 46 T.U. Edilizia oppure la dichiarazione di conformità catastale prevista dall’art. 19, comma 14, D.L. 78/2010. Negli altri casi, di regola, la questione si sposta sul piano delle garanzie e dei rimedi civilistici (riduzione del prezzo, risarcimento, risoluzione), da valutare nel caso concreto.
Il punto chiave da capire è: nel caso in cui il bene immobile presenti delle difformità edilizie, è lecito commercializzarlo? Poteva essere commercializzato ed essere indirizzato verso il rogito?
Per sbrigare meglio queste pratiche, risulta molto comoda l’intermediazione di un’agenzia immobiliare professionale, esperta della zona e degli immobili in essa presenti.

Qui di seguito proponiamo la consultazione dell’art.46 del DPR n. 380/2001, comma primo:
«Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù».
Da qui si ricava che, per gli edifici la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, l’atto del contratto di compravendita è nullo quando nel rogito non risultano, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi di un titolo edilizio effettivamente esistente e riferibile all’immobile (permesso di costruire o titolo in sanatoria). La presenza di difformità rispetto al titolo non comporta automaticamente la nullità dell’atto: può però incidere su sanabilità, costi di regolarizzazione, ottenimento del mutuo e sulle tutele civilistiche dell’acquirente.
Quindi, se ad esempio un atto di compravendita riguarda un immobile abusivo, l’atto di compravendita immobiliare è nullo.
Dipende da che tipo di “abuso” hai comprato e da cosa è stato scritto nel rogito.
In concreto, quando l’abuso emerge dopo l’acquisto, l’acquirente di solito valuta: (a) se l’irregolarità è sanabile e a quali costi/tempi, oppure (b) se l’irregolarità incide in modo serio su uso, valore, mutuo o rivendibilità, e quindi se agire per tutela contrattuale (es. prezzo/danni) secondo le regole civilistiche applicabili al caso.
Il preliminare (compromesso) non trasferisce la proprietà: serve proprio a “mettere in sicurezza” l’operazione, prevedendo condizioni e obblighi (per esempio: regolarizzazione prima del rogito, consegna documenti urbanistici/catastali, caparra e conseguenze in caso di inadempimento). In ogni caso, il rogito dovrà poi rispettare gli obblighi di menzione dei titoli edilizi e (se del caso) di conformità catastale.
Qui va distinta una cosa fondamentale: la “menzione dei titoli” (che è un requisito legale dell’atto) e l’esistenza effettiva di difformità (che è un profilo tecnico/sostanziale).
Sul piano pratico: il notaio è tenuto a ricevere un atto conforme ai requisiti di legge (quindi a inserire le dichiarazioni prescritte). Se quelle menzioni mancano, l’atto può essere colpito da nullità; eventuali responsabilità (anche professionali) dipendono poi dal caso concreto e da cosa è stato omesso.
Se l’acquirente sa dell’irregolarità al momento dell’acquisto, cambiano molto le tutele “contro il venditore”:
Attenzione però: la conoscenza dell’acquirente non “cura” eventuali nullità testuali previste dalla legge (se manca in atto ciò che la norma impone). Quindi, anche se le parti “sanno”, il rogito deve comunque contenere le menzioni/dichiarazioni richieste.
La “difformità tra progetto e stato di fatto” si ha quando l’immobile, così com’è realmente, non coincide con quanto autorizzato nel titolo edilizio (o nei successivi titoli in variante). Esempi tipici:
Dal punto di vista della compravendita, queste difformità non hanno tutte lo stesso “peso”: se si resta nel perimetro delle irregolarità minori, possono non incidere sulla validità dell’atto (restano però possibili sanzioni e contenziosi). Viceversa, se le difformità conducono all’assenza del titolo necessario o a situazioni che impediscono le dichiarazioni richieste in atto, il rischio per il rogito cresce sensibilmente.
Per “difformità urbanistica” si intende una non conformità alle regole di pianificazione (PRG/PUG, vincoli, indici edificatori, destinazioni d’uso ammesse, distacchi, ecc.), non solo alle regole “edilizie” del singolo titolo.
È un profilo spesso più delicato perché:
Operativamente, la verifica passa spesso da: accesso agli atti in Comune, controllo titoli, confronto elaborati/stato di fatto, e inquadramento urbanistico dell’area.
Ciò che abbiamo appena visto, riguarda difformità “primarie”, ovvero di una certa importanza (come dicevamo, mancanza del permesso di costruire o in sanatoria). Tuttavia, per difformità “secondarie”, quindi molto meno gravi, l’atto non è nullo e al massimo si può incorrere in una sanzione amministrativa.
A tal proposito è necessario menzionare la Circolare n.3138/1994 del Consiglio Nazionale del Notariato in cui si chiarisce quanto segue:
«Gli abusi di minore gravità possono determinare sanzioni di altro genere, ma continuano a non incidere assolutamente sull'attività negoziale».
Precedentemente, lo stesso CNN aveva chiarito che:
«Al di fuori delle ipotesi di assenza di concessione o licenza e del vizio di totale difformità, gli altri abusi non impediscono la valida circolazione giuridica degli edifici o loro parti».
Ciò significa che per problematiche di minore entità, l’immobile è commercializzabile e l’atto resta valido.
La difformità catastale può “bloccare” la compravendita quando manca uno dei requisiti formali richiesti al rogito dalla normativa sulla conformità catastale: negli atti tra vivi devono risultare (in sintesi) identificazione catastale, riferimento alle planimetrie e dichiarazione di conformità allo stato di fatto (oltre alle verifiche “soggettive” sugli intestatari). Se questi elementi mancano, l’atto è colpito da nullità.
Nella pratica, si risolve prima del rogito con:
Nota utile: la prassi e la giurisprudenza hanno discusso molto della portata della nullità (in particolare sul fatto che sia legata alla mancanza della dichiarazione/attestazione in atto). Per l’articolo, il punto operativo da comunicare è semplice: se al rogito la conformità catastale non viene dichiarata come richiesto, il notaio non può “far finta di nulla” perché l’atto rischia la nullità.

Nel caso in cui chi acquista un immobile venga a conoscenza di difformità edilizie “secondarie”, ovvero di lieve entità, può agire contro il venditore per l’eventuale recupero dei danni subiti a causa della difformità riscontrata. Ad esempio, può farlo chiedendo una riduzione del prezzo di compravendita. Nel caso lo ritenesse necessario, può anche richiedere la risoluzione contrattuale, nei casi in cui fosse possibile.
Si legga con attenzione quanto segue.
Questo discorso non vale nel caso in cui le difformità edilizie fossero palesi già precedentemente all’atto, ovvero se fossero state sempre evidenti usando l’ordinaria diligenza. Infatti, una sentenza della Suprema Corte (n. 25357/2014) ha sentenziato che la responsabilità del venditore non può essere considerata nel caso in cui il compratore non abbia assunto tutte le necessarie informazioni su un determinato immobile per trascuratezza o deliberatamente.
Spesso, all’interno dell’atto di compravendita, si può trovare la dicitura “dichiara di accettare il bene immobile nello stato in cui si trova” o simile. La formula “nello stato di fatto in cui si trova” (o “visto e piaciuto”) non elimina automaticamente ogni responsabilità del venditore: in genere limita la garanzia solo per i vizi conosciuti o facilmente riconoscibili dall’acquirente. Restano ferme le tutele se il venditore ha dichiarato che la cosa era esente da vizi o ha taciuto in mala fede vizi occulti.
Ovviamente, è bene ripeterlo, in caso di difformità edilizie primarie il contratto di compravendita invece sarà nullo.
Le irregolarità edilizie gravi possono impedire di arrivare serenamente al rogito (ad esempio perché non è possibile indicare in atto un titolo edilizio esistente o perché la banca non concede il mutuo). Se però il rogito viene stipulato, la nullità “urbanistica” ricorre nei casi previsti dalla legge (in particolare, quando mancano in atto le dichiarazioni richieste dall’art. 46 T.U. Edilizia); negli altri casi, la tutela dell’acquirente passa in genere attraverso i rimedi civilistici (riduzione prezzo, risarcimento, risoluzione), a seconda del caso.
Le difformità edilizie secondarie, ovvero di lieve entità (rispetto ad abusi e mancate sanatorie), possono ridurre il valore dell'immobile, poiché la regolarizzazione potrebbe comportare costi aggiuntivi. Gli acquirenti potrebbero chiedere uno sconto sul prezzo di vendita per coprire queste spese.
Generalmente, il venditore è responsabile di sanare le difformità edilizie prima della vendita. Tuttavia, le parti possono accordarsi diversamente, ad esempio prevedendo che l'acquirente si occupi della sanatoria dopo l'acquisto.