Cosa succede a un immobile acquistato in comproprietà da due conviventi more uxorio nel momento in cui la relazione finisce? Che effetti produce a livello legale la cessazione di una convivenza di fatto? Svisceriamo la questione e cerchiamo di individuare le possibili soluzioni legali in caso di fine della convivenza con casa e mutuo cointestati.
Le coppie conviventi more uxorio in genere scelgono di cointestare sia l’immobile adibito ad abitazione principale che il mutuo acceso per l’acquisto dello stesso. Cointestare il mutuo è una scelta avveduta, che, oltre a un’equa ripartizione dell’onere finanziario e delle obbligazioni tra le parti, offre all’istituto bancario mutuante maggiori garanzie sul credito.
Con la cointestazione dell’immobile, ogni comproprietario acquisisce una quota pari al 50% dell’intero bene. Si realizza, quindi, un’equa ripartizione del diritto di proprietà. Una volta cessata la convivenza more uxorio, vediamo, dunque, com’è opportuno gestire l’immobile cointestato e il mutuo acceso per consentirne l’acquisto.
In caso di acquisto pro indiviso di un bene immobile effettuato da due conviventi more uxorio, nel momento in cui la relazione termina è opportuno che la casa in comproprietà venga divisa. In assenza di figli, sono essenzialmente quattro le vie percorribili dagli ex partner a tal scopo. Le illustriamo di seguito.
In caso di difficoltà a trovare un accordo su come gestire la casa familiare dopo la fine della convivenza con casa e mutuo cointestati, non resta che ricorrere al tribunale per richiedere la divisione giudiziale dell’immobile.
In questo caso, è previsto che un consulente tecnico d’ufficio nominato dal giudice effettui un sopralluogo, esegua una stima di valore dell’immobile in questione, ispezioni attentamente la proprietà e ne valuti le condizioni strutturali, impiantistiche e manutentive per stabilirne il valore ai fini della divisione per quote. Vengono altresì eseguite le dovute indagini catastali e verifiche sull’immobile al fine di rilevarne la conformità alla normativa urbanistica.
Se l’immobile cointestato non risulta essere agevolmente divisibile e frazionabile, si procede con la vendita all’asta e si suddivide il ricavato tra gli ex conviventi in base alle rispettive quote di proprietà.
Per sciogliere la cointestazione dell’immobile adibito ad abitazione principale, uno dei cointestatari può acquistare la quota di proprietà dell’altro, ottenendo, quindi, la titolarità dell’immobile al 100% e diventandone proprietario esclusivo. Illustriamo di seguito i vari step di questa operazione.
Di norma si fa valutare l’immobile cointestato da un professionista dell’estimo affinché ne determini il valore in base alla posizione geografica, all’anno di costruzione, alla classe energetica e alle condizioni strutturali, manutentive, architettoniche e impiantistiche.
In base alla stima di valore effettuata dal professionista dell’estimo, gli ex conviventi si accordano sulla somma da corrispondere e sulle modalità di pagamento, che possono essere concordate anche con versamenti rateali.
Con un formale atto di vendita stipulato dinanzi a un notaio viene ufficializzata la cessione da parte del comproprietario della sua quota alla controparte. L’atto sancisce il trasferimento della proprietà integrale del bene in capo a un solo soggetto che, da quel momento, ne sarà l’esclusivo titolare. Il notaio provvede altresì alla trascrizione dell’atto nei pubblici registri immobiliari.
In presenza di figli minorenni o non autosufficienti e bisognosi di protezione, si applicano le stesse regole previste in caso di separazione o divorzio tra coniugi. In ottemperanza, quindi, a quanto disposto dall’articolo 337-sexies del codice civile, la casa familiare rimane al genitore collocatario, vale a dire il soggetto che si occupa dell’accudimento quotidiano dei figli, anche nel caso in cui non fosse il proprietario dell’immobile.
Con il raggiungimento della maggiore età dei figli, il diritto di assegnazione della casa familiare viene meno. Quindi, indipendentemente da chi dei due partner detenga la titolarità dell’immobile, il godimento della casa familiare spetta solitamente al genitore affidatario, almeno fintanto che i figli non siano economicamente indipendenti. Tale diritto personale di godimento non pregiudica le quote di rispettiva proprietà sull’immobile.
Analogamente a quanto accade in caso di separazione tra coniugi, la fine di una convivenza non inficia il rapporto instaurato con la banca mutuante. L’alterazione degli equilibri familiari derivante dalla cessazione della convivenza more uxorio non ha alcuna ripercussione sul rapporto di mutuo in essere, che resta immutato. Approfondiamo insieme.
Anche nel caso in cui la relazione finisse, le rate residue del mutuo devono comunque essere pagate in solido da ambo i condebitori. Entrambe le parti sono solidalmente obbligate al rimborso della somma erogata dalla banca mutuante, a meno che, optando per l’accollo del mutuo, uno dei cointestatari si faccia interamente carico del rimborso del debito residuo. Vediamo nello specifico come funziona.
L’accollo del mutuo prevede che uno dei due condebitori acquisti la quota di proprietà della casa dell’altro, diventandone, quindi, proprietario esclusivo e unico titolare del mutuo. Per svincolarsi dall’obbligazione solidale, l’accollo del mutuo rappresenta, quindi, la soluzione più confacente.
È doveroso precisare che tale operazione può essere effettuata solo con l’autorizzazione e il benestare della banca mutuante. Se la richiesta viene accettata, il contratto di mutuo viene rinegoziato e l’intero debito viene attribuito al partner acquirente, che provvederà al pagamento delle rate residue del mutuo fino alla sua naturale scadenza.
Se, invece, l’istituto di credito nega il proprio consenso, magari perché non sussistono idonee garanzie del credito, occorre trovare un’altra soluzione.
In seguito alla fine della relazione affettiva non matrimoniale, occorre innanzitutto verificare chi dei due componenti della coppia more uxorio abbia effettivamente provveduto a versare le rate del mutuo. Ebbene, se analizzando la contabilità bancaria si rileva una sproporzione e si desume che uno dei due partner abbia sostenuto un esborso maggiore dell’altro, è previsto il rimborso delle rate versate in eccedenza da un soggetto rispetto all’altro.
Secondo quanto indicato dall’articolo 1292 del codice civile, il debito si divide in parti eguali nei rapporti interni tra condebitori. Ne consegue che, se uno dei due comproprietari aveva pagato di propria tasca le rate del mutuo per la casa cointestata, ha diritto di recuperare l’eccedenza versata rispetto alla controparte, per ripristinare la situazione di parità.
Affinché ambo le parti partecipino in misura uguale all’estinzione del mutuo, chi ha pagato di più è legittimato a pretendere che gli venga rimborsata la differenza, come ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 20062 del 14 luglio 2021.
Tra le possibili soluzioni c’è l'accollo del mutuo, che prevede che la controparte acquisisca la titolarità dell’immobile al 100% e si faccia interamente carico del pagamento delle rate residue del mutuo. Qualora non fosse una soluzione attuabile, conviene valutare di vendere l'immobile.
Se hai provveduto con risorse finanziarie personali al pagamento della maggior parte delle rate del mutuo per la casa cointestata, puoi richiedere il rimborso di quanto versato in eccedenza rispetto alla controparte.
La legge non impone un vincolo temporale per diventare una coppia di fatto, o more uxorio. Nella pratica, costituiscono una coppia di fatto due persone unite da uno stabile legame affettivo e dalla volontà di assistersi reciprocamente.