Tra i più importanti parametri da osservare nella costruzione di nuovi fabbricati c’è l’indice di edificabilità. Di cosa si tratta nello specifico? Quante tipologie esistono? Come si calcola e cosa lo rende così rilevante? Approfondiamo insieme.
L’indice di edificabilità, detto anche indice di fabbricabilità, è un valore numerico indicato dal piano regolatore generale del comune di competenza, che, secondo quanto sancito dal decreto ministeriale numero 1444 del 2 aprile 1968, esprime il rapporto tra l’estensione del terreno e le dimensioni dei beni immobili che possono essere costruiti sulla sua superficie.
Gli indici di edificabilità definiscono, quindi, quanto è lecito costruire su un terreno in funzione della sua superficie.
Gli indici di fabbricabilità sono parametri utilizzati per misurare la densità edilizia di un territorio al fine di:
Si tratta di indici introdotti negli anni Sessanta e ancora oggi essenziali nella costruzione di nuovi fabbricati per favorire un’urbanizzazione sostenibile e assicurare la vivibilità del territorio.
Gli indici di fabbricabilità e gli indici di densità edilizia sono definiti dall’articolo 7 del sopraindicato decreto ministeriale numero 1444 del 2 aprile 1968, introdotto per arrestare l’espansione incontrollata dei quartieri attraverso l’edilizia selvaggia. Detto articolo elenca gli indici massimi, differenziandoli in base alle zone territoriali omogenee.
La legge numero 431 dell’8 agosto 1985, nota come legge Galasso dal proponente Giuseppe Galasso, sottosegretario per i beni culturali e ambientali, pone, invece, un freno alla cementificazione lungo i litorali, definendo la distanza dal mare entro cui è consentito costruire.
Si esprime in materia di limiti di edificabilità anche il Testo Unico dell’Edilizia emanato con il decreto del Presidente della Repubblica numero 380 del 6 giugno 2001.
Esistono due tipologie di indice di fabbricabilità, tra le quali è fondamentale tracciare un netto confine. Si tratta di:
Con l’ordinanza numero 5751 del 5 febbraio 2014 la terza sezione penale della Corte di Cassazione ha stabilito che per il calcolo dei limiti di edificabilità di un’area si debba fare riferimento alla densità edilizia fondiaria, indicata dal sopraindicato decreto ministeriale numero 1444 del 2 aprile 1968, e non a quella territoriale. La Corte di Cassazione ribadisce l’inderogabilità del suddetto decreto ministeriale, che stabilisce i limiti di densità edilizia per le diverse zone territoriali omogenee. L’applicazione dello stesso prevale anche sui regolamenti locali nella determinazione degli standard urbanistici.
Questa precisazione da parte della Corte di Cassazione permette di definire la differenza tra:
La differenza risiede nel fatto che la densità edilizia territoriale definisce il carico complessivo di edificazione che può gravare su ciascuna zona omogenea, per cui il relativo indice di edificabilità è rapportato all’intera superficie, compresi gli spazi pubblici e il reticolo viario. La densità edilizia fondiaria, invece, si riferisce alla singola area e definisce il volume massimo edificabile sulla stessa. Il relativo indice è pertanto rapportato all’effettiva superficie suscettibile di edificazione.
La densità territoriale attiene al comparto, al lordo di strade e altri spazi pubblici, mentre quella fondiaria attiene al singolo lotto identificato al netto delle aree asservite a standard urbanistici. Ne consegue che l’indice di edificabilità fondiaria risulti essere lo strumento di misura del massimo volume edificabile su ciascuna unità di superficie fondiaria.
Ai terreni sono assegnati specifici indici di edificabilità dal piano regolatore generale del comune in cui sono ubicati. Per calcolare quanto sia lecito costruire su un terreno occorre moltiplicare l’indice di edificabilità, espresso in genere come un valore decimale, per la superficie del terreno su cui si intende erigere costruzioni, misurata in metri quadri. Una volta effettuato il calcolo, si può determinare la quantità di metri cubi disponibili per la costruzione di una struttura.
Facciamo un esempio pratico. Supponiamo che il terreno su cui vorremmo costruire abbia una superficie di 2000 metri quadri. Secondo il piano regolatore generale comunale, l’indice di edificabilità assegnato alla zona in cui è ubicato il terreno è pari a 0,30 m³/m².
Per calcolare il valore dei metri cubi edificabili, moltiplichiamo l’indice di edificabilità per la superficie del terreno.
0,30*2000 = 600 m³
600 metri cubi è, quindi, il valore edificabile.
Occorre anche considerare l’altezza dell’edificio da costruire. Ipotizziamo di voler erigere un fabbricato alto 3,50 metri.
Dividiamo, il valore edificabile per l’altezza.
600 m³ / 3,50 metri = 171 metri quadri
Ciò significa che ci sarà consentito costruire un fabbricato di 171 metri quadri.
È doveroso segnalare che i regolamenti regionali e dei singoli comuni hanno la facoltà di ridurre la cubatura edificabile. Vanno altresì considerate altre variabili, tra cui, per esempio, la distanza da altri edifici. È, pertanto, consigliabile eseguire un’accurata valutazione immobiliare o una perizia tecnica, tenendo conto dei numerosi fattori in questione.
Secondo l’articolo 6 del Piano di governo del territorio (PGT) introdotto in Lombardia con la legge regionale numero 12 dell'11 marzo 2005, alle aree comprese negli ambiti del tessuto urbano della città di Milano, è attribuito un indice di edificabilità pari a 0,35 m³/m². In casi specifici, è permesso il raggiungimento di un indice di edificabilità massimo di 0,70 m³/m².
L'indice di edificabilità rappresenta la porzione massima di superficie edificabile rispetto alla superficie totale di un terreno e regola quanti metri quadri di costruzione possano essere realizzati su un determinato lotto di terreno.
Per conoscere il valore dei metri cubi, si moltiplica 0,70 per 2000 e si ottiene il risultato di 1400 m³. Dividiamo questo valore per l’altezza della struttura da costruire, supponendo sia 3 metri. Il risultato è 467. Sul lotto in questione, pertanto, è consentito costruire un fabbricato di 467 metri quadri.
Ai terreni sono assegnati indici di edificabilità dal piano regolatore generale del comune in cui sono ubicati. È il comune a stabilire se un terreno sia o meno edificabile, attribuendo il relativo indice di edificabilità nel rispetto delle norme urbanistiche. Gli indici e le aree sono consultabili sui piani regolatori dei vari comuni italiani e sui siti istituzionali.