A fronte di irregolarità burocratiche e difformità tra la documentazione depositata in comune e lo stato reale di un immobile, il proprietario è tenuto a sanare, laddove possibile, tali criticità aprendo un’apposita pratica di sanatoria. Di cosa si tratta? Scopriamolo.
La sanatoria è una procedura amministrativa prevista ai sensi dell’art. 36 del Testo Unico dell’Edilizia (TUE), emanato con il decreto del Presidente della Repubblica numero 380 del 6 giugno 2001, che consente di riparare a eventuali irregolarità formali riscontrate in un immobile. Si tratta, in altre parole, di un atto amministrativo per mezzo del quale si possono regolarizzare interventi realizzati in assenza di titolo abilitativo.
Come indicato al primo comma dell’articolo 9 bis del suddetto TUE, si rende necessaria una sanatoria edilizia quando un immobile non si trova nel suo stato legittimo, ossia quando l’effettivo stato del bene differisce da quello indicato nelle planimetrie depositate presso gli uffici comunali di competenza.
Un abuso edilizio consiste, come indicato nell’articolo 31 del sopraindicato TUE, in una violazione della normativa edilizio-urbanistica, perseguibile dallo Stato. A seconda dei casi, la violazione può assumere rilevanza amministrativa o penale, e implicare il pagamento di pesanti ammende pecuniarie e talvolta perfino la reclusione.
L’abusivismo edilizio è, quindi, un reato posto in essere da chi realizzi interventi edilizi in assenza delle prescritte autorizzazioni e abilitazioni amministrative necessarie per garantirne la sicurezza e la regolarità giuridica. La presenza di abusi edilizi e difformità penalizza il valore dell’immobile, ne ostacola la compravendita e la messa a reddito e può negare la possibilità di avvalersi di bonus e agevolazioni.
Spetta al proprietario sanare, laddove possibile, le irregolarità rilevate nella sua proprietà aprendo un’apposita pratica di sanatoria, come ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 11628 depositata il 26 marzo 2012.
In presenza di abusi e difformità edilizie conviene, quindi, presentare al più presto una richiesta di sanatoria presso il comune in cui si trova l’immobile.
Provvedendo al pagamento della relativa somma nelle casse dello Stato a titolo di oblazione, si estingue il reato di abuso edilizio e la situazione può considerarsi regolarizzata.
Per sanare gli abusi edilizi rilevati in un immobile, come accennato, occorre presentare una formale richiesta di sanatoria al comune in cui si trova il bene. Alla richiesta va allegata tutta la documentazione relativa all’unità immobiliare in questione nonché i titoli abilitativi edilizi richiesti. Se l’amministrazione non risponde entro 60 giorni, la richiesta è da considerarsi rigettata.
Non è consentito presentare una richiesta di sanatoria quando la sanzione relativa a un’irregolarità è già stata emessa da tempo. Dal momento dell’accertamento dell’illecito, il proprietario dell’immobile può richiedere la sanatoria entro 90 giorni.
Una volta accettata la domanda, vengono avviate le pratiche di sanatoria e, contestualmente, è previsto il pagamento di una somma a titolo di oblazione, di importo variabile, come vedremo nei prossimi paragrafi, in base al tipo di illecito da sanare.
Una volta versato quanto dovuto, il reato di abuso edilizio può considerarsi estinto. Ne consegue che l’immobile possa essere venduto, locato o donato senza alcun impedimento.
Le modalità con cui sanare un’irregolarità dipendono sostanzialmente dalla natura ed entità dell’illecito commesso. Approfondiamo insieme.
Quando una costruzione viene realizzata in assenza di qualsiasi titolo abilitativo, si è in presenza di una difformità edilizia totale. L’irregolarità può essere sanata con un permesso di costruire in sanatoria, previa verifica del piano regolatore generale del comune e del regolamento urbanistico vigenti sia al momento dell'inizio dei lavori che della richiesta di sanatoria, al fine di rispettare il principio della doppia conformità, istituito con la legge numero 47 del 28 febbraio 1985.
In caso di totale contrasto dell’intervento con tali strumenti urbanistici, non c'è altro da fare che procedere con la demolizione della struttura abusiva. In tal caso si deve provvedere a proprie spese alla demolizione per consentire il ripristino dello stato dei luoghi. Qualora non lo si faccia, il manufatto abusivo potrebbe essere confiscato e aggiunto al patrimonio comunale.
Si parla di difformità sostanziale in presenza di modifiche e variazioni essenziali, che determinano significative differenze qualitative e quantitative rispetto al progetto autorizzato.
Se consentito dagli strumenti urbanistici comunali, l’irregolarità è sanabile con un permesso di costruire in sanatoria e presentando la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). In caso contrario, anche in questo caso l’opera deve essere abbattuta.
L’articolo 34 dell’anzidetto Testo Unico dell’Edilizia definisce lievi difformità parziali le opere edilizie minori, conformi al titolo abilitativo e al progetto depositato in comune eccetto che per specifiche caratteristiche che, tuttavia, incidono solo su elementi non essenziali della costruzione.
Ebbene, tali lievi difformità parziali possono essere sanate presentando una comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) postuma. Come indicato dal decreto legislativo numero 222 del 25 novembre 2016, si tratta di un documento con cui si dichiara che, in un determinato momento, siano stati eseguiti lavori senza aver preventivamente depositato alcun atto abilitativo.
Trattandosi di comunicazioni depositate a interventi già conclusi, è previsto il versamento di una sanzione pecuniaria. Presentando il documento quando l’intervento è ancora in fase di esecuzione, la sanzione amministrativa viene ridotta di 2/3.
L’articolo 34-bis dell’anzidetto TUE definisce difformità non rilevanti le eventuali, lievi violazioni di altezza, cubatura o superficie coperta che non eccedono per la singola unità immobiliare il 2% delle misure progettuali. Trattandosi di scostamenti dai parametri autorizzati di entità limitata, non sono qualificabili come illeciti edilizi e, pertanto, non è necessaria alcuna procedura di sanatoria.
I costi associati alla sanatoria edilizia comprendono due voci di spesa:
Orientativamente, per una sanatoria edilizia che richiede la presentazione della comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) postuma, a lavori ultimati, il costo è di circa 1000 euro. Come accennato, presentando il documento quando l’intervento è ancora in corso d’opera, la sanzione viene ridotta di 2/3 e l’importo da versare è di circa 330 euro.
Per una sanatoria edilizia che richiede la presentazione della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) a lavori ultimati, il costo parte da un minimo di 1000 euro. Anche in questo caso, presentando il documento quando i lavori sono ancora in fase di esecuzione è prevista una riduzione della sanzione, e l’importo da versare parte da circa 500 euro.
Il compenso del professionista, invece, varia a seconda della complessità della sanatoria e parte indicativamente da un minimo di 500 euro.
Il decreto legge numero 69 del 29 maggio 2024, conosciuto come decreto salva casa, mira a introdurre procedure semplificate al fine di sbloccare la situazione di un gran numero di immobili in Italia che attualmente non possono essere venduti, affittati o ristrutturati a causa di lievi difformità edilizie e irregolarità burocratiche.
Sanare una stanza da bagno abusiva può costare indicativamente dai 2000 ai 5000 euro, tra sanzioni pecuniarie e parcelle dei tecnici, il cui importo varia in base all’entità e complessità dell’illecito.
In teoria, un immobile con abusi edilizi può essere venduto, a patto che nel contratto di compravendita sia espressamente indicato che il bene abbia subito variazioni per via di ampliamenti strutturali o interventi abusivi. La presenza di irregolarità non sanate penalizza il valore dell’immobile e ne ostacola la compravendita.
La nuova sanatoria edilizia, introdotta dal decreto salva casa, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 29 maggio 2024 ed è entrata in vigore il 30 maggio 2024.