La donazione di unità abitative è un gesto di generosità che ricorre spesso nella prassi, specialmente tra parenti in linea retta all’interno di nuclei familiari. Cosa è consentito fare con un immobile ricevuto in donazione? Una casa donata si può vendere o vigono specifici vincoli a riguardo? Scopriamolo.
Come sancito dall’ articolo 769 del codice civile, la donazione è un atto volontario mediante il quale un soggetto, detto donante, decide per spirito di liberalità di conferire gratuitamente un bene immobile di suo possesso a un altro soggetto, che prende il nome di donatario. In altre parole, la donazione di un immobile è un atto di trasferimento volontario dal donante al donatario, che non prevede alcuna transazione monetaria.
Ai sensi dell’articolo 782 del codice civile, la donazione di immobili, considerata come una sorta di anticipazione della disposizione testamentaria, deve necessariamente essere effettuata mediante atto pubblico, a pena di nullità.
Nella prassi, come accennato, la donazione di immobili avviene principalmente tra familiari e parenti. I casi più frequenti sono, infatti, le donazioni tra genitori e figli e tra nonni e nipoti.
Una casa ricevuta in donazione mediante atto pubblico notarile può essere ceduta a terzi a titolo oneroso, nessuna norma di legge impedisce di farlo.
Tuttavia, la vendita di un immobile acquisito dal venditore mediante donazione può risultare estremamente complessa e problematica, ragion per cui è quanto mai opportuno affidarsi a professionisti del settore e agenti immobiliari specializzati in questo genere di operazioni, che siano in possesso di competenze, conoscenze e strumenti specifici per destreggiarsi tra leggi, implicazioni fiscali, valutazioni immobiliari e vincoli legali associati a questa delicata tipologia di compravendita.
Con l’atto donativo, oggetto di registrazione presso l’Ufficio delle Entrate secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica numero 131 del 26 aprile 1986, il donatario ottiene la piena proprietà del bene donato, del quale può fare ciò che più ritiene opportuno, incluso venderlo per ottenere liquidità. Nessun familiare, congiunto o soggetto terzo può impedire a chi riceve un immobile in donazione di venderlo.
Ma è doveroso specificare che, come sancito dall’articolo 553 del codice civile, se il donante, nel fare tale donazione, priva i parenti in linea retta della quota minima riservata loro dalla legge, questi, entro 10 anni dal suo decesso, sarebbero legittimati a pretendere la restituzione del bene e la revoca della donazione. La legge, quindi, tutela la famiglia e gli eredi in caso di morte del donante.
Tale azione degli eredi legittimari, propriamente detta azione di riduzione, prevale anche su eventuali ipoteche iscritte da istituti di credito. Proprio a causa di tale possibile evenienza, le banche sono in genere estremamente restie a concedere mutui a potenziali acquirenti di immobili donati, dal momento che un’eventuale impugnazione della donazione può avvenire anche in seguito alla vendita.
Gli eredi hanno 10 anni di tempo per esercitare il proprio diritto all’eredità e rivendicare, con l’esercizio della suddetta azione di riduzione, la propria quota lesa dalla donazione.
Pertanto, l’azione di riduzione degli eredi legittimari, ossia il coniuge, i figli e gli ascendenti contrari alla donazione a terzi del bene, può essere messa in atto nel decennio che segue la morte del donante.
Per scongiurare tale rischio ed evitare che i legittimari possano avanzare pretese sul bene per ottenere parte dell’eredità legittima, è consigliabile attendere almeno 10 anni dal momento dell’apertura della successione in seguito alla morte del donante per mettere in vendita la proprietà acquisita mediante donazione.
Potrebbero esserci soggetti contrari alla vendita del bene donato anche nel caso in cui il donante fosse ancora in vita. L’articolo 563 del codice civile, infatti, autorizza gli aventi diritto ad agire contro l’acquirente per avere conto della lesione dei propri diritti ereditari.
Per evitare tale evenienza, è consigliabile attendere 20 anni dalla donazione per mettere in vendita l’immobile. Trascorso un ventennio, l’azione di riduzione degli eredi legittimari nei confronti di possibili terzi acquirenti non può più essere eseguita. Il sopraindicato termine di 10 anni si calcola solo nel caso in cui il donante sia deceduto. Qualora non fosse così, l’impugnazione della donazione deve essere fatta entro 20 anni, pena la perdita del diritto di impugnarla.
Affinché la donazione non sia impugnabile sarebbe auspicabile che il donante si assicuri di rispettare le quote di legittima che spettano al coniuge, ai figli e agli ascendenti.
In alternativa è possibile chiedere agli eredi legittimari del donante e agli aventi diritto di rinunciare ufficialmente all’impugnazione mediante un formale atto di rinuncia redatto e validato dinanzi a un pubblico ufficiale.
Se tra l’atto di donazione e la vendita dell’immobile trascorrono meno di 5 anni, il fisco richiede il versamento dell’imposta sulla plusvalenza. Se la vendita avviene prima che sia trascorso un quinquennio dal passaggio di proprietà è considerata speculativa e, pertanto, sottoposta a una pesante tassazione da parte dello Stato.
La plusvalenza immobiliare rappresenta il reddito conseguito dal donatario con la cessione a titolo oneroso del bene donato e viene, pertanto, tassata come tale, come sancito dagli articoli 67 e 68 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), emanato con il decreto del Presidente della Repubblica numero 917 del 22 dicembre 1986.
La plusvalenza generata dalla vendita speculativa di immobili concorre, infatti, alla formazione del reddito del donatario/venditore. Appunto per questo è soggetta a tassazione ordinaria nell'anno in cui il corrispettivo per la vendita dell’immobile viene incassato.
Il vincolo della donazione scade dopo 20 anni dalla trascrizione dell’atto donativo presso l’Ufficio delle Entrate.
Sì, il fatto che l’immobile in questione fosse stato acquisito dal venditore mediante donazione non esime dal pagamento delle imposte ipotecarie e catastali, di registro e di bollo contestualmente all’acquisto.
Sì, la legge consente di vendere un immobile acquisito mediante donazione, ma è opportuno affidarsi a un professionista del settore poiché l’operazione implica aspetti legali, fiscali e contabili più complessi rispetto a una tradizionale compravendita immobiliare.