Prima di attuare interventi di ristrutturazione edilizia finalizzati a rendere abitabile un sottotetto, è doveroso essere consapevoli che la normativa in materia sia, a ben vedere, piuttosto complessa e articolata su più livelli, con differenze anche sostanziali tra regione e regione e, non di rado, anche tra comune e comune. Cerchiamo di fare luce sull’argomento.
Si chiama sottotetto. Si tratta del volume architettonico direttamente sottostante le falde del tetto.
Il sottotetto, posto tra il tetto di un edificio e il soffitto dell'ultimo piano dello stesso, solitamente non è destinato all’uso abitativo. A questo ambiente vengono attribuite funzioni di protezione dei piani sottostanti dall’umidità e dalle alte e basse temperature, formando una sorta di camera d'aria. In genere il sottotetto presenta altezze diverse dovute all’inclinazione delle falde del tetto.
La legge numero 220 del’11 dicembre 2012 inserì espressamente i sottotetti tra i beni di proprietà comune nei complessi condominiali, di cui al punto 2 dell’articolo 1117 del codice civile, con la relativa applicazione dei criteri di ripartizione delle spese previsti dall’articolo 1123 del codice civile.
Per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, il sottotetto, delimitato dal solaio e dalla struttura del tetto, costituisce un volume tecnico che può essere utilizzato come:
Un sottotetto può altresì essere utilizzato come ambiente di passaggio dei cavi delle antenne e degli sfiati delle cucine o come spazio in cui collocare cisterne e serbatoi d'acqua.
Acquisendo le necessarie autorizzazioni e aumentando altezze e volumi, un sottotetto può diventare un’unità abitabile.
Gli interventi da attuare e le specifiche regole a cui attenersi affinché un sottotetto possa diventare abitabile tendono a variare da regione a regione. Talvolta la possibilità di decidere quali operazioni si possano eseguire in un sottotetto è riservata addirittura alle singole amministrazioni comunali.
Chi desidera convertire il sottotetto in un’unità abitabile deve, innanzitutto, accertarsi che la legislazione regionale e comunale autorizzi il cambio di destinazione d'uso di tale ambiente da non abitativo ad abitativo e, in caso affermativo, informarsi su quali autorizzazioni occorrano. Come accennato, le regole cambiano da regione a regione, se non perfino da comune a comune.
In linea generale, la modifica di destinazione d'uso di un sottotetto da non abitativo ad abitativo non rientra negli interventi di ordinaria manutenzione bensì di ristrutturazione edilizia, per i quali occorrono obbligatoriamente:
Pertanto, come indicato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 36563 del 30 agosto 2016, senza le necessarie autorizzazioni amministrative le opere di ristrutturazione finalizzate a convertire un sottotetto non abitabile in un’unità abitabile non possono essere eseguite.
Adibendo un sottotetto ad alloggio senza le dovute autorizzazioni si commette un illecito. In caso di modifica non autorizzata della destinazione d'uso di un locale qualificato come spazio di servizio da non abitativo ad abitativo scatta il reato di abuso edilizio, per cui, secondo quanto sancito dall’articolo 44 del Testo Unico dell’Edilizia, emanato con il decreto del presidente della Repubblica numero 380 del 6 giugno 2001, sono previste pesanti sanzioni amministrative. In caso di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza di completa autorizzazione amministrativa e di prosecuzione degli stessi nonostante gli ordini di sospensione, si rischiano fino a due anni di reclusione.
Facciamo un esempio concreto. Supponiamo di aver occupato una porzione del sottotetto condominiale senza averne titolo o diritto, dividendola dalla restante parte con un tramezzo. Erigiamo un comignolo, apriamo un lucernario per illuminare il locale con luce solare e iniziamo a utilizzarlo a mo’ di abitazione. Così facendo, abbiamo commesso un reato di abuso edilizio, per cui è previsto il pagamento di un’ammenda. Per rimediare all’illegittimità delle opere realizzate, dovremo provvedere tempestivamente al ripristino dello stato dei luoghi nonché al risarcimento dei danni, come indicato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 23448 del 19 dicembre 2012.
In materia di interventi nei locali sotto il tetto, la normativa è piuttosto complessa e strutturata su più livelli, quali nazionale, regionale e comunale. Come accennato, gli interventi da attuare e le specifiche regole a cui attenersi affinché un sottotetto possa diventare un locale abitabile tendono a variare da regione a regione e, non di rado, da comune a comune. Indichiamo di seguito gli aspetti da considerare.
Il decreto ministeriale numero 190 del 18 luglio 1975 stabilisce che, affinché un ambiente sia vivibile, l’altezza minima tra il soffitto e il piano di calpestio debba essere di almeno 2,70 metri. Per i locali di servizio, corridoi, disimpegni e stanze da bagno, l’altezza media può essere ridotta a 2,40 metri. Talvolta è consentita una riduzione di 10 centimetri. Nella maggior parte dei comuni classificati come montani e semi-montani, nello specifico, è consentita una riduzione di 20 centimetri. Quando la copertura è inclinata, la dimensione va calcolata come altezza media ponderale minima, che si ottiene dividendo per la superficie utile di un locale il relativo volume.
Tuttavia, si segnala che nella maggior parte delle regioni italiane non è consentito innalzare il tetto né alzare la quota del colmo per ottenere l’altezza richiesta per rendere abitabile il sottotetto. Nelle regioni in cui è consentito modificare la pendenza del tetto, molto spesso lo si può fare solo a determinate condizioni. Per esempio, in genere, negli edifici ubicati nelle aree più interne e centrali di specifiche città è esclusa la possibilità di elevare il tetto.
Qualora non si potesse innalzare la copertura, per ottenere le altezze medie e minime richieste si può abbassare il solaio. In questo caso, lo spazio per il sottotetto viene ricavato dall’ultimo piano dell’edificio, senza alterarne in alcun modo l’altezza complessiva. Tale operazione, però, non deve determinare una riduzione dell’altezza dell’ultimo piano al di sotto dei parametri previsti ai sensi di legge.
Insomma, prima di intervenire su un sottotetto è necessario verificare cosa prevedono le specifiche norme vigenti a livello nazionale, regionale, provinciale, comunale e locale.
In linea generale è consentito aprire lucernari e finestre per consentire un’adeguata ventilazione e illuminazione naturale dei sottotetti. Il sopraindicato decreto ministeriale numero 190 del 18 luglio 1975 stabilisce che, in un ambiente chiuso, la superficie finestrata apribile non debba essere inferiore a 1/8 della superficie del pavimento. In altre parole, il rapporto tra la pavimentazione e le superfici di areazione e illuminazione direttamente comunicanti con l’esterno dell’edificio, propriamente detto rapporto aeroilluminante, deve essere almeno di 1/8 per essere in regola. Si segnala, però, che alcune leggi regionali consentono di arrivare a 1/16.
In alcune regioni è previsto che gli spazi al di sotto di una determinata altezza, qualora non fossero posti in corrispondenza di adeguate fonti di luce, debbano essere murati o chiusi con apposito mobilio.
Il costo per elevare il tetto per ottenere l’altezza media richiesta per il sottotetto è estremamente variabile.
In linea generale, per la demolizione della copertura preesistente il costo è orientativamente compreso tra 25 e 115 euro al metro quadro. Per l’innalzamento delle mura portanti perimetrali bisogna preventivare un costo compreso tra 95 e 410 euro al metro quadro e per la ricostruzione del tetto dai 35 ai 210 euro al metro quadro.
Al totale va aggiunta la parcella per il professionista che si occupa della progettazione e direzione dei lavori, che può variare indicativamente dal 5% al 9% del valore complessivo degli interventi.
Come abbiamo visto, con il termine sottotetto si fa riferimento al volume architettonico solitamente non abitabile, posto direttamente al di sotto delle falde della copertura.
Con il termine mansarda, invece, si indica un ambiente abitabile ricavato negli spazi del sottotetto, che si differenzia da quest’ultimo proprio per l’abitabilità.
Un sottotetto che rispetti i requisiti richiesti per legge in termini di altezza, illuminazione, aerazione, agibilità, salubrità e superficie minima può essere adibito ad abitazione e diventare a tutti gli effetti una mansarda.
Si definisce soffitta un locale posto all’ultimo piano di un edificio, tecnicamente e giuridicamente ascrivibile alla categoria catastale C/2 in quanto privo dei requisiti di abitabilità. Catastalmente parlando si fa, infatti, distinzione tra immobili abitabili e non abitabili.
Il sottotetto è uno spazio più tecnico, anch’esso non destinato all’uso abitativo, situato tra il tetto e il soffitto dell'ultimo piano.
Un sottotetto non abitabile ha in genere una valutazione massima del 50% del prezzo pieno di vendita.
Per isolare un sottotetto occorre intervenire dall’esterno, rimuovendo il manto di copertura, posando in opera sistemi specifici per creare un tetto aerato e ben isolato e riposizionando infine le tegole o le lastre. Qualora non si potesse intervenire dall’esterno, si può operare dall’interno, posizionando del materiale isolante al di sotto della struttura portante del tetto.
Per coibentare un sottotetto bisogna creare uno strato isolante posando pannelli calpestabili e ricoprendo con una classica pavimentazione.