Abitazione principale, residenza, prima casa… Sono sinonimi? In realtà si tratta di concetti diversi, di cui è importante conoscere le differenze. Approfondiamo insieme.
Per abitazione principale si intende l’alloggio in cui il proprietario e i componenti del suo nucleo familiare risiedono anagraficamente e dimorano stabilmente con l’intento di rimanervi.
Le condizioni necessarie affinché un immobile possa considerarsi abitazione principale di una persona sono:
Non basta, quindi, il requisito della residenza per definire un immobile abitazione principale. È necessario che sia anche il luogo della dimora abituale. La classificazione di un immobile come abitazione principale consente una serie di vantaggi fiscali.
Secondo quanto indicato dall’articolo 10, comma 3-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), emanato con il decreto del Presidente della Repubblica numero 917 del 22 dicembre 1986, per gli immobili appartenenti alla categoria “abitazione principale” è possibile beneficiare di:
Il proprietario di un immobile avrebbe diritto di beneficiare di tali benefici sull’abitazione principale anche nella malaugurata ipotesi in cui, per motivi di salute, si dovesse trasferire in un istituto sanitario o di ricovero.
Spesso utilizzate come sinonimi, abitazione principale, residenza e prima casa hanno significati differenti, specialmente dal punto di vista fiscale. Conoscere le differenze è molto utile, poiché, a seconda che si tratti di prima o seconda casa o di abitazione principale o abitazione a disposizione si applicano normative e trattamenti fiscali diversi. Approfondiamo insieme.
La prima casa è la prima abitazione di proprietà di una persona. In altre parole, è la casa che si compra per prima, a fronte di eventuali ulteriori acquisti successivi. Gli immobili acquistati in seguito, come, per esempio, la casa al mare o in montagna, sono definiti seconde case e non sono acquistabili beneficiando delle agevolazioni previste per l'acquisto della prima casa.
Il concetto di prima casa è, quindi, di carattere prettamente fiscale. All’atto di stipula del rogito è possibile beneficiare di una serie di agevolazioni, tra cui il pagamento di un’aliquota ridotta per l’imposta ipotecaria e l’imposta catastale in caso di compravendita, successione ereditaria e donazione di un immobile.
Per poter essere considerata prima casa, un’abitazione deve rispettare le condizioni indicate nella nota II-bis dell’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica numero 131 del 26 aprile 1986, che illustriamo di seguito:
La prima casa può essere qualcosa di diverso dall’abitazione principale, che è invece quella in cui il proprietario ha la propria dimora abituale e la residenza. Non è detto, quindi, che la prima casa sia anche l’abitazione principale. Un immobile acquistato con le agevolazioni prima casa non deve necessariamente essere quello in cui il proprietario stabilisce la propria residenza. Una persona può comprare la prima casa e decidere di concederla in locazione e abitare altrove.
La dimora abituale di una persona determina la sua residenza, come sancito dall’articolo 43 del codice civile, che illustra la differenza tra domicilio e residenza.
Si definisce residenza anagrafica quella stabilita mediante l'iscrizione presso l'ufficio anagrafe del comune scelto come luogo in cui dimorare stabilmente con l’intento di rimanervi potenzialmente a lungo. L'abitazione principale è sempre quella di residenza anagrafica del proprietario.
Il cambio di destinazione d’uso di un immobile è la variazione, sia dal punto di vista catastale che urbanistico, del suo obiettivo di utilizzo. L’operazione è composta da due passaggi burocratici principali, quali:
Il cambio di destinazione d’uso è un’operazione fattibile, a meno che non sia espressamente vietato dal piano regolatore generale comunale o dal regolamento condominiale, qualora l’unità immobiliare in questione appartenesse a un condominio o supercondominio. Approfondiamo insieme le varie casistiche.
Chi desidera effettuare il passaggio da ufficio ad abitazione può farlo se non è vietato dal regolamento di condominio, dal piano regolatore generale comunale e se vengono rispettate le indicazioni tecniche imprescindibili per la specifica categoria. Per esempio, se l’edificio che ospita gli uffici risulta essere sottoposto a particolari vincoli artistico-architettonici, potrebbe non essere possibile effettuare il cambio di destinazione d’uso ad abitativo.
Inoltre, per passare da ufficio ad abitazione devono essere rispettati i requisiti previsti dalla normativa nazionale e comunale in materia di altezza minima del soffitto, superficie calpestabile e rapporti aeroilluminanti.
Chi possiede un magazzino inutilizzato può rigenerarlo per adibirlo ad abitazione privata. In questo caso occorre:
Qualora il cambio di destinazione d'uso da C2 ad abitazione sia conforme alle prescrizioni del piano urbanistico regionale, si può richiedere il permesso di costruire e procedere alla presentazione della segnalazione certificata di agibilità (SCA), ex certificato di agibilità.
Il costo del cambio di destinazione d'uso è generalmente compreso tra i 100 e 350 euro. Vanno poi aggiunti i costi delle pratiche catastali, che partono in genere da 200 euro, e quelli degli interventi murari, che possono spaziare da 40 a 300 euro al metro quadro.
Prevedere il costo del cambio di destinazione da ufficio ad abitazione è difficile, poiché ogni comune può stabilire un tariffario differente. In linea generale, devono essere considerati gli oneri di urbanizzazione, i diritti di segreteria comunali e la parcella del tecnico incaricato di gestire la pratica edilizia, nonché le spese relative al computo metrico estimativo dei lavori, ai materiali e alla messa in sicurezza del cantiere.
In linea di massima e del tutto orientativa, occorre considerare la parcella del tecnico che si occupa delle pratiche catastali, il cui importo parte in genere da 300 euro, gli oneri per i diritti di segreteria, che variano da comune a comune, e le opere murarie, il cui costo è compreso indicativamente tra 50 e 400 euro al metro quadro.
I lavori edilizi hanno un costo che dipende sostanzialmente dalla metratura dell’immobile. In media, la spesa si aggira intorno ai 300 euro al metro quadro. Le pratiche catastali e l’iter burocratico da seguire per cambiare la destinazione d’uso da locale commerciale ad abitazione privata comportano delle spese in cui rientrano i costi della segreteria del comune. Va poi considerata la parcella del tecnico che si occupa delle pratiche.