Affinché la vendita di un immobile intestato a un solo coniuge in comunione dei beni sia valida e non contestabile è necessario rispettare determinate condizioni stabilite ai sensi di legge. Approfondiamo insieme e svisceriamo la questione.
Il regime patrimoniale di comunione dei beni comporta che i beni acquistati dall'uno o dall'altro coniuge durante il matrimonio diventino di proprietà comune a entrambi. I beni dei due coniugi formano un patrimonio comune, con stessi diritti e doveri per entrambi. Si parla, tecnicamente, di comproprietà indivisa.
La comunione dei beni determina, quindi, la condivisione di tutti gli averi, compresi eventuali beni immobili intestati a solo uno dei due coniugi, come indicato dall’articolo 177 del codice civile. In regime di comunione dei beni, quindi, ciascuno dei due coniugi diventa proprietario al 50% dei beni acquistati insieme o separatamente durante il matrimonio.
La comunione dei beni si instaura in modo automatico. Qualora gli sposi volessero mantenere la proprietà esclusiva dei beni acquistati dovranno aderire al regime della separazione dei beni con una dichiarazione espressa.
Quando un immobile è intestato a un solo coniuge in comunione dei beni appartiene comunque al patrimonio comune di entrambi. Pertanto, entrambi i coniugi hanno diritto alla metà del valore dell'immobile, benché nei pubblici registri immobiliari risulti registrato solo a nome di uno di essi.
Con l’ordinanza numero 11668 del 15 maggio 2018 la Corte di Cassazione ha ribadito che, in caso di comunione di beni tra i coniugi, gli immobili acquistati durante il matrimonio fanno sempre parte della comunione dei beni, anche nel caso in cui a provvedere al pagamento fosse stato un solo coniuge o il bene fosse destinato a usi diversi rispetto a quelli relativi al nucleo familiare.
La presenza di un fondo patrimoniale comune tra i coniugi non nega la possibilità di vendita di un bene immobile in comunione di beni. La proprietà, però, non può essere messa in vendita per decisione di un solo coniuge. È necessario il consenso di entrambi.
In altre parole, se i coniugi adottano il regime patrimoniale della comunione dei beni, nel momento in cui uno dei due desideri mettere in vendita un immobile che rientra nel fondo patrimoniale necessita obbligatoriamente dell’autorizzazione dell’altro, essendo anch’esso proprietario del bene in questione al 50%.
Nessuno dei due coniugi può, quindi, mettere in vendita una proprietà che rientra nella comunione dei beni senza il consenso dell’altro. Anche senza una specifica, valida motivazione, l'altro coniuge avrebbe diritto di opporsi.
Il coniuge contrario alla vendita della proprietà appartenente alla comunione legale è pienamente legittimato a rivolgersi al giudice entro un anno per richiedere l’annullamento del contratto di compravendita stipulato senza il suo consenso.
Ai sensi dell’articolo 184 del codice civile, il coniuge contrario ha, quindi, diritto di richiedere e ottenere una pronuncia che annulli l’atto di vendita sottoscritto senza la sua autorizzazione, purché l’azione venga eseguita entro 12 mesi. Ne consegue che l’acquirente debba provvedere alla restituzione della proprietà acquistata.
A sottoscrivere il contratto preliminare di compravendita, comunemente detto compromesso, può essere un solo coniuge. Quindi, un compromesso di vendita firmato da un solo coniuge ha piena validità.
Qualora il coniuge contrario si opponesse, un’eventuale contestazione produrrebbe effetti solo all’interno della coppia, senza pregiudicare in alcun modo la validità dell’atto nei confronti del promissario acquirente. Se il coniuge che non ha firmato il compromesso contesta la vendita del bene, può richiedere all’altro di essere risarcito.
L’acquirente è legittimato a pretendere la stipula dell’atto di vendita in un momento successivo e, in caso di inadempimento, ad agire dinanzi al giudice per ottenere la restituzione del doppio della caparra versata o una sentenza che determini il trasferimento della proprietà dell’immobile.
Per il rogito notarile, ossia l’atto pubblico che sancisce ufficialmente il passaggio di proprietà, è richiesta la firma di entrambi i coniugi. Se manca la firma di uno dei due, l’atto è valido ma annullabile dal coniuge estromesso.
Qualora uno dei due coniugi fosse impossibilitato a recarsi dal notaio insieme all’acquirente per firmare il rogito, può delegare l'altro mediante procura risultante da atto pubblico o scrittura privata autenticata.
L’articolo 179 del codice civile elenca i beni che appartengono al singolo coniuge e rimangono, quindi, esclusi dalla comunione legale. Li illustriamo di seguito.
Qualora uno dei due coniugi avesse acquistato un immobile prima del matrimonio e dell’adesione al regime di comunione dei beni, il bene rimane di sua proprietà e non confluisce nel patrimonio comune.
Eventuali beni acquisiti dopo il matrimonio mediante donazione non confluiscono nel patrimonio comune dei coniugi se nell’atto donativo non è espressamente specificato che siano attribuiti alla comunione legale.
I beni acquisiti dopo il matrimonio mediante successione ereditaria non confluiscono nel patrimonio comune dei coniugi, a meno che sia espressamente richiesto nel testamento.
Non rientrano nella comunione dei beni gli immobili acquistati con denaro derivante dalla cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti in donazione o eredità da uno dei due coniugi.
Sono esclusi dalla comunione anche gli eventuali beni acquistati con somme percepite a titolo risarcitorio o mediante indennità corrisposte per la perdita parziale o totale della capacità lavorativa.
Gli acquisti compiuti da uno o entrambi i coniugi in costanza di matrimonio cadono in regime di comunione legale. Affinché un bene risulti di proprietà di uno solo dei coniugi è necessario che:
Se non vengono rispettate tali condizioni, l'immobile entra automaticamente nella comunione legale dei beni.
La comproprietà indivisa comporta, in caso di separazione, la divisione in parti uguali tra i due coniugi. La casa comprata durante il matrimonio in regime di comunione dei beni rimane di proprietà di entrambi i coniugi al 50%.
Qualora uno dei due desideri ottenerne la proprietà esclusiva, può acquistare la quota dell’altro, pagando un conguaglio economico. Nel caso in cui, invece, non si trovasse un accordo sulla divisione, la soluzione più opportuna è la vendita dell’immobile e la divisione del ricavato in parti uguali.
Per cedere il 50% di un immobile al coniuge occorre stipulare un atto notarile di compravendita o donazione. Approfondiamo insieme.
Se si opta per la compravendita immobiliare, il coniuge acquirente dovrà pagare alla controparte un prezzo per ottenere la metà dell'immobile. In questo caso occorre altresì provvedere al pagamento di tasse e tributi legati alla compravendita, che includono le imposte ipotecarie e catastali, di registro e di bollo.
Se si sceglie la donazione, sarà comunque necessario stipulare un atto notarile ma non è prevista alcuna transazione monetaria. È, tuttavia, previsto il pagamento di
Il notaio si occuperà di tutti gli aspetti legali, fiscali e contabili relativi al passaggio di proprietà per donazione.
Puoi verificare chi sia effettivamente il proprietario dell’immobile consultando una visura immobiliare, richiedibile all’Agenzia delle Entrate.
Hai diritto di richiedere, innanzitutto, la restituzione del prezzo corrisposto per l’acquisto, nonché di avanzare una richiesta di risarcimento del danno subito.
L'ipoteca su un immobile cointestato tra coniugi in comunione dei beni con un mutuo singolo verrà iscritta sull'intero immobile, in quanto la banca richiede la piena garanzia sull’immobile nella sua interezza.
Entrambi i coniugi sono responsabili del pagamento dell’imposta municipale unica (IMU) in proporzione alla quota di proprietà, anche se solo uno è l'intestatario formale dell'immobile.